Onorevoli Colleghi! - La questione della ricerca scientifica e tecnologica nel nostro Paese e la necessità di creare una relazione forte tra ricerca e mondo produttivo e tra innovazione tecnologica, maggiore competitività e ripresa dello sviluppo economico, richiedono scelte politiche di ampio respiro progettuale.
      Nell'ambito di tali scelte è però necessario e utile anche individuare i punti nodali sui quali sin da ora si possano avviare atti capaci di favorire gli investimenti, valorizzare e incoraggiare la ricerca e lo sfruttamento dei suoi risultati e potenziare al massimo il ruolo dell'imprenditoria italiana assicurandole una nuova e rafforzata presenza nel mondo.
      Come è noto, uno dei più gravi problemi del nostro sistema economico e produttivo è che esso è centrato soprattutto sulla piccola e media impresa. Ciò rende le nostre imprese poco disponibili, proprio a causa della loro modesta «massa critica», a investimenti significativi nella ricerca di medio o, ancor più, lungo termine. Non minori, ma anzi, per vari aspetti più complessi, sono i problemi che presenta il nostro apparato produttivo, concentrato essenzialmente su specializzazioni produttive a bassa o media tecnologia

 

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che, come tali, denunciano il minore impegno in investimenti in ricerca e innovazione tecnologica. Proprio per questo le nostre imprese - e ne abbiamo avuto drammatici riscontri negli ultimi anni - sono maggiormente esposte a una competizione internazionale basata sui fattori tradizionali di competitività, quali il basso costo di produzione, piuttosto che, appunto, sulla creazione di un maggiore valore aggiunto, quale quello ricavabile da investimenti in ricerca e trasferimento tecnologico.
      Tutto ciò si traduce nella assai ridotta quota di finanziamento privato alla ricerca che caratterizza il nostro Paese, già gravato dalla modestissima somma di investimento pubblico. A questo proposito è bene ricordare come negli ultimi anni si sia assistito a un contrarsi progressivo dei finanziamenti statali alle università e agli enti pubblici di ricerca, soprattutto quelli di base.
      In altre parole, ci ritroviamo oggi prigionieri di un circolo vizioso che sempre più ci allontana dall'obiettivo fissato dall'Unione europea di assicurare alla ricerca risorse pari al 3 per cento del prodotto interno lordo, obiettivo che si dovrebbe concretizzare entro i prossimi quattro anni. In che misura tutto ciò ha contribuito al crollo che negli ultimi cinque anni l'Italia ha registrato nella classifica internazionale della competitività?
      La tutela dei brevetti può fornire al finanziamento della ricerca un contributo, certo non decisivo, ma prezioso, nella valorizzazione sia dell'investimento pubblico sia di quello privato.
      L'attuale legislazione relativa all'appartenenza dei diritti della ricerca svolta nelle università e negli altri enti pubblici di ricerca, nota con la formula «le invenzioni agli inventori», introdotta per iniziativa del Ministro Tremonti nel 2001, appare eccessivamente rigida, e nei fatti (provati anche dai recenti dati ISTAT, che denunciano una contrazione del numero di richieste di nuovi brevetti presentate all'ufficio italiano brevetti e marchi) si è rivelata un ostacolo non solo allo svolgimento dell'attività di ricerca all'interno degli atenei, ma soprattutto nella fase di incontro tra il mondo dell'impresa e il sistema italiano della ricerca pubblica. Tra l'altro, è bene sottolineare che già nel corso della XIV legislatura, la Camera dei deputati aveva acquisito la consapevolezza della necessità di una profonda revisione della legislazione in questo campo e della necessità di adeguarla a quella vigente in tutti gli altri Paesi europei. A tale proposito, merita ricordare che nella seduta del 29 giugno 2005 l'aula di Montecitorio, nel corso della discussione del disegno di legge n. 5736, recante «Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale», aveva accolto, pressoché all'unanimità e con la sottoscrizione di deputati delle forze politiche di entrambi gli schieramenti, un emendamento presentato dal primo firmatario della presente proposta di legge, con il quale veniva modificata la norma voluta dal Ministro Tremonti che, anche alla luce del nuovo codice della proprietà intellettuale (approvato nel settembre del 2004), era divenuta di fatto anacronistica. Ma una volta trasmesso al Senato della Repubblica, il disegno di legge non è stato mai approvato.
      Si rende quindi necessario un intervento legislativo tempestivo, capace di favorire al massimo tutte le potenzialità dei nostri ricercatori, dei nostri istituti, dei nostri atenei; nonché delle capacità che ciascun centro avrà di individuare momenti di valorizzazione delle diverse risorse e vocazioni e soprattutto delle occasioni di incontro e quindi sinergia con il sistema produttivo.
      La presente proposta di legge cerca quindi di offrire un nuova normativa tesa ad esaltare e razionalizzare il più possibile le potenzialità della nostra ricerca pubblica, assicurando da un lato l'assoluto diritto del ricercatore a essere riconosciuto come l'autore dell'invenzione e dall'altro l'assegnazione all'università o all'ente pubblico di ricerca della proprietà del brevetto, fermo restando che i proventi derivanti dalla stessa dovranno essere equamente distribuiti, secondo modalità in parte definite per legge, in parte decise dai singoli atenei o enti di ricerca. Ai singoli
 

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atenei o enti di ricerca è poi demandata la regolamentazione dei casi in cui la ricerca abbia visto la partecipazione, a vario titolo, di enti o aziende private, fermo restando i diritti previsti per i singoli ricercatori.
      Più in particolare all'articolo 1, comma 1, si prevede che l'appartenenza dei risultati della ricerca realizzata nell'ambito dell'università o di altri enti pubblici aventi tra i propri scopi istituzionali finalità di ricerca, svolta nell'ambito dell'attività accademica o di contratti di consulenza ovvero di convenzioni o sulla base di altri strumenti normativi italiani o comunitari, appartiene all'università o ente pubblico di ricerca interessati. È fatto salvo il diritto dell'inventore di essere riconosciuto autore dell'invenzione e di godere del 30 per cento dei benefìci economici derivanti dallo sfruttamento del brevetto. Al comma 2 si prevede che il 30 per cento dei benefìci economici derivanti dallo sfruttamento del brevetto debba essere ripartito tra più inventori nel caso più ricercatori abbiano partecipato al progetto di ricerca.
      All'articolo 2, comma 1, si prevede che l'università o l'ente pubblico di ricerca, una volta ricevuta comunicazione dell'invenzione da parte del ricercatore, abbiano due mesi di tempo per manifestare il proprio interesse a esercitare il diritto di richiedere il brevetto. Decorso tale termine, e comunque se dopo aver espresso interesse l'università o l'ente di ricerca non dovessero aver provveduto entro sei mesi al deposito della domanda di brevetto, il diritto di deposito spetta all'inventore.
      Al comma 2 si prevede che, se l'università o l'ente di ricerca, una volta depositato il brevetto, non ne abbiano avviato lo sfruttamento entro i due anni successivi, il ricercatore, facendone richiesta, acquisisce il diritto a sfruttare gratuitamente l'invenzione e ad esercitare i diritti patrimoniali ad essa connessi.
      L'articolo 3 prevede che le l'università e gli enti di ricerca hanno la facoltà di decidere in quali Paesi si estende l'efficacia della domanda prioritaria di protezione. L'inventore ha diritto di decidere se l'estensione debba essere effettuata anche in territori esclusi dall'università o dagli enti pubblici di ricerca. Il medesimo articolo stabilisce poi che, in fase di rinnovo annuale, se l'università o l'ente di ricerca decidessero di non mantenere la corresponsione dell'annualità in Paesi non più ritenuti di proprio interesse, l'inventore ha la possibilità di mantenere, a sue spese, il pagamento di tali annualità. In tutti i casi previsti da tale articolo, l'inventore è titolare del 70 per cento dei benefìci economici derivanti dallo sfruttamento effettuato nei Paesi da quest'ultimo prescelti o comunque rinnovati con tasse di mantenimento a suo carico, mentre il restante 30 per cento sarà devoluto all'università o all'ente pubblico di ricerca.
      All'articolo 4 si prevede che qualora l'università o l'ente pubblico di ricerca decidessero, una volta depositato il brevetto, di offrirlo in cessione a terzi, all'inventore spetta il diritto di prelazione per l'acquisto.
      L'articolo 5 prevede che, nel caso in cui le ricerche siano state finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da enti pubblici diversi dall'università, ente o amministrazione di appartenenza dei ricercatori, le università e gli enti pubblici, nell'ambito della propria autonomia, stabiliscono ciascun aspetto dei rapporti reciproci, fermo restando che all'inventore spetta sempre il diritto di essere riconosciuto autore dell'invenzione e una percentuale dei benefìci derivanti dallo sfruttamento della stessa.
      L'articolo 6 stabilisce che le disposizioni della legge si applicano solo alle innovazioni per le quali è stata depositata la richiesta di protezione in data successiva all'adozione della legge.
      All'articolo 7, comma 1, si propone, considerata la particolare complessità della valutazione delle possibili ricadute economico-commerciali di un'invenzione, nonché della gestione del deposito e tutela del brevetto, che le università e gli enti pubblici di ricerca si dotino, singolarmente, o attraverso rapporti convenzionali
 

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o associativi tra loro o con enti locali o istituzioni pubbliche o private o fondazioni, di strutture idonee a valorizzare le invenzioni realizzate dai ricercatori e delle quali sono titolari.
      Al comma 2 si prevede che, per aiutare le università e gli enti pubblici di ricerca nella fase di realizzazione delle strutture di cui al comma 1, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, mediante decreto da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, istituisca un fondo di un milione di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007, 2008.
 

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